Fortunato viveva la vita del gran signore, eclissando con lo
sfoggio delle vesti, delle cavalcature, dei levrieri la
magnificenza della Corte Reale. Gli bastava accendere pochi
secondi il cero verde e subito ogni suo desiderio era
appagato. Ma intanto il cero s'accorciava sempre più e
Fortunato cominciava ad inquietarsi e a diradare i comandi.
E non era felice. Sentiva che una cosa gli mancava e non
sapeva quale.
Un giorno, cavalcando per la città, vide ad una loggia della
reggia la figlia unica del Re. La principessa sembrava
sorridergli benevola, ma era circondata dalle dame e
guardata a vista dai paggi e dai cavalieri. Il giorno dopo
Fortunato passò ancora sotto la loggia e rivide la
principessa fra le sue donne accennargli un sorriso
compiacente. Fortunato s'innamorò perdutamente di lei. Una
sera di plenilunio egli stava sul più alto dei suoi giardini
pensili, appoggiato ai balaustri che dominavano la città.
"Forse il cero potrebbe appagarmi anche in questo..." E
meditò a lungo come esprimere il suo desiderio. "Cero, bel
cero, voglio che la principessa sia fatta invisibile e venga
trasportata all'istante nel mio giardino." Fortunato attese
col cuore che gli palpitava forte... Ed ecco apparire la
figlia del Re, vestita di una tunica bianca e con le chiome
scomposte. "Aiuto! Aiuto! Dove sono? Chi siete voi?" La
principessa tremava, folle di terrore. Si era sentita
sollevare dal suo letto, trasportare a volo attraverso lo
spazio. Fortunato s'inginocchiò, baciandole il lembo della
tunica. "Sono il cavaliere che passa ogni giorno sotto i
vostri balconi, principessa, e se vi feci trasportare qui,
non è con fine malvagio, ma per potervi umilmente parlare".
E Fortunato le dichiarò il suo amore e le disse che voleva
presentarsi al Re per chiederla in isposa. "Non fate questo!
Mio padre vi odia perché siete più potente di lui. Se vi
presentate vi farebbe uccidere all'istante." Dopo quella
sera Fortunato faceva convenire sovente sui suoi terrazzi la
principessa Nazzarena. Essa appariva al richiamo dello
sposo, non più pallida e tremante, ma sorridendo, improvvisa
come un'apparizione celeste. Passeggiavano sotto i palmizi,
fra le rose e i gelsomini, e guardavano la città
addormentata. All'alba Fortunato comandava al cero verde di
trasportare la principessa nelle sue stanze e questa si
ritrovava, pochi attimi dopo, nel suo letto d'alabastro. Ma
un'ancella malevola si era accorta di queste assenze
notturne e riferì la cosa al Re. "Se non è vero ti faccio
appiccare" aveva detto il Sovrano minaccioso. "Sacra Corona,
potete accertarvene con gli occhi vostri."